associazione sportiva

giovedì 6 marzo 2008

GENITORI CHE SUPERANO I CONFINI

Mettiamo nel blog un articolo del dott. UBERTO FONTANA che è stato pubblicato nei giornali di Reggio E. è un contributo che condividiamo e aiuta le società sportive, gli allenatori e i genitori a non rovinare la festa gioiosa dello sport.

Tutti noi adulti abbiamo la responsabilità da far svolgere l’attività sportiva ai bambini in un clima sereno e disteso. Ci sono genitori che non lo capiscono e approfittano di una semplice partita tra bambini per superare i confini dell’evento. Se la prendono con gli arbitri, con gli istruttori…
Le società sportive sono organizzazioni che producono un servizio richiesto dalle famiglie. Non si tratta solo di un gioco con la palla. I famigliari non possono esimersi dal condividere i valori dello sport e la cultura specifica e le regole della società sportiva di cui i figli fanno parte, mentre la società deve saper offrire ascolto ai desideri e alle aspettative delle famiglie.
In Italia, lo sport paga un ritardo culturale nell’interpretare i fenomeni che lo coinvolgono.
Tutte le organizzazioni che producono servizi richiesti (una scuola materna, una casa per anziani, ad esempio) sanno che il cliente che usufruisce del servizio (che, nel nostro caso, è il bambino) è inserito in un sistema (la sua famiglia). Quando si offre il servizio si sa che si deve prendere in considerazione tutto il sistema e non solo il bimbo. Fondamentale diventa la relazione con i genitori.
E’ necessario ricordare una cosa semplice: senza genitori le società dilettanti avrebbero gravi difficoltà ad esistere. I genitori iscrivono i bambini, li portano a giocare, possono regalare attrezzature sportive, diventare sponsor della squadra. Costituiscono un'importante risorsa, che deve essere valorizzata.
Così come l’istruttore definisce le regole con i bambini, compito della società è quello di rispondere alle aspettative dei genitori, senza snaturare il credo della società stessa, ma anzi instaurando con tali aspettative e con i genitori un rapporto dialogico che possa migliorare tutte le persone coinvolte. I genitori, che sono invitati ad attenersi a dei basilari principi di lealtà, educazione, correttezza; la società sportiva, che beneficia dell'entusiasmo, della competenza e della conoscenza dei bambini che possono offrire i genitori; i tesserati tutti, dai quali la società deve esigere un comportamento coerente e corretto per essere nelle condizioni di richiedere la stessa coerenza e correttezza ai genitori.
Ci sono ancora troppi istruttori, nello sport giovanile, che vogliono vedere vincere la propria squadra, più che vedere i bimbi giocare. Si agitano per decisioni errate dell’arbitro e comunicano a tutto l’ambiente questa tensione, questa infelicità.
Tutti i bambini cercano di vincere, poiché è lo scopo del gioco. Ma il loro bisogno è più di giocare che di vincere. Sono gli adulti, e qualche adulto in particolare, che hanno bisogno di vincere (forse giocano poco).
Ci sono delle ragioni psicologiche in ogni comportamento di un genitore che passa il confine del suo ruolo. Possiamo pensare che abbia bisogno che il figlio sia il più bravo perché lo fa sentire più bravo lui o lei (anche alcune mamme si scatenano), oppure che vorrebbe togliere al figlio qualsiasi frustrazione come se le difficoltà, le sconfitte, non facessero crescere. In questo caso la paura è che il dolore ci annienti. Tante possono essere le ragioni.
Mi pare che in fondo ci sia anche un po’ di invidia verso i nostri figli, che sono lì a correre e a divertirsi. Forse abbiamo bisogno di giocare anche noi grandi.
Sarebbe bello che, mentre in un campo giocano i bambini per conto loro, in un altro campo, accanto, giocassero i loro papà e le loro mamme e, al fischio finale, poter confrontare i gol presi e fatti, le occasioni avute o perse.
Non perdiamoci una bella stagione della nostra vita insieme ai nostri figli e ai figli degli altri genitori che indossano una maglia di colore diverso.
Dott. Uberto Fontana
Psicologo